È esistita davvero la ragazza con l’orecchino di perla?

by Elena Salem
LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA

La ragazza con l’orecchino di perla è il titolo di un romanzo di Tracy Chevalier, ispirato dalla giovane donna – raffigurata nel celebre dipinto del pittore olandese Jan Vermeer – e talvolta soprannominata la Monna Lisa olandese. Alzi la mano chi non ha visto almeno una volta questa immagine?

La potenza di un grande romanzo

Il romanzo poi è divenuto un film, anche lui di successo, grazie alla regia di Peter Webber e all’eccezionale interpretazione di Scarlett Johansson nei panni della protagonista. 

In altre parole, nell’immaginario collettivo, oggi “la ragazza con l’orecchino di perla” è un personaggio conosciuto e riconosciuto.

In fondo è questo l’obiettivo della narrativa. Costruire un un mondo – un mondo che prima non c’era – che il lettore, o lo spettatore immagini come reale.

Ma è esistita veramente la ragazza dall’orecchino di perla?

È un interrogativo a cui gli storici dell’arte di tutto il mondo hanno cercato per decenni di dare una risposta, senza peraltro giungere a una conclusione condivisa. Il problema principale consiste nel fatto che sono poche le notizie biografiche trovate su Vermeer e altrettanto scarse sono le informazioni, relative al dipinto di cui stiamo parlando e alla sua tecnica pittorica.

Con sicurezza sappiamo che Johannes van der Meer . solitamente abbreviato in Jan Vermeer – era nato e vissuto a Delft nei Paesi Bassi (1632 – 1675). Era sposato e aveva quattordici figli (tre dei quali morirono prima del padre). Dipingeva per vivere. Peculiari della sua pittura erano la cura maniacale per il dettaglio, l’attenzione al colore e a i suoi effetti, la definizione minuziosa di ogni particolare. Motivo per il quale, le tele che riusciva a produrre in un anno erano poche. Troppo poche e, comunque, non sufficienti per mantenere la sua numerosa famiglia. Come molti altri grandi artisti, nonostante il talento, era sempre pieno di debiti e conduceva la vita in ristrettezze economiche.

Il talento, molto spesso viene riconosciuto solo a posteriori.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la modella rappresentata nella celebre opera fosse una delle figlie dell’artista. Ma ci sono critici che hanno confutato questa tesi, argomentando che ai tempi del dipinto la figlia più grande aveva solo dodici anni. Altri studiosi hanno affermato che Vermeer avesse dipinto una figura idealizzata di donna, più che una persona reale.
Pieter Swillens, storico dell’arte olandese, uno dei primi a porsi il problema, sostiene che la principale caratteristica di un ritratto (e questo vale anche per tutti quelli prodotti durante il Seicento in Olanda) è la fedele somiglianza al soggetto da raffigurare. Secondo Swillens, il volto della ragazza dall’orecchino di perla non presenta tratti tali da far pensare a una bellezza idealizzata, basti pensare all’espressione del suo viso, agli occhi che seguono il pittore e la bocca leggermente aperta. Questi sarebbero per lui indizi dell’esistenza del modella.

L’importanza della narrativa e la forza delle immagini.

Il dibattito non ha portato per il momento a una risposta definitiva. Quello che, invece, noi possiamo affermare con certezza è che la presunta modella di Vermeer è diventata “vera”, grazie all’immaginazione Tracy Chevalier che ne ha costruito la storia in un grande romanzo. E che per dare verosimiglianza alla sua trama, ha studiato in modo approfondito il Seicento olandese e, in particolare, sulla vita a Delft.

Il film girato da Peter Webber e l’eccezionale interpretazione di Scarlett Johansson (nei panni della protagonista) hanno infine dato un volto umano alla protagonista della storia. 

Ecco la forza e la bellezza della narrativa e la forza delle immagini: dare vita a grandi personaggi che, anche se non sono stati, avrebbero potuto esserci.

Elena Salem

LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA
Poster del film "La ragazza con l'orecchino di perla", 2003, Peter Webber.
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